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Inaugurazione mostra “Orodeide. Vita, morte e miracoli di Orodè Deoro”

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LECCE

La galleria MUST OFF a Lecce in via degli Ammirati ospita dal 15 al 25 dicembre la mostra Orodeide.  Vita, morte e miracoli di Orodè Deoro, a cura di Maria Agostinacchio e Andrea Novembre.

La mostra antologica racchiude le opere più significative dell’artista pugliese realizzate nell’atelier milanese dal 2015 al 2017 a cui fanno seguito quelle nate nello studio leccese dal 2019 ad oggi.

E’ un viaggio alle radici della poetica dell’artista quando da giovanissimo intuì le potenzialità della parola e dell’immaginazione “Devo l’inizio della mia ricerca e della mia vita d’artista a Baudelaire e alla poesia francese– racconta Orodè- Una mattina, durante una lezione di fisica al liceo scientifico, avevo sedici anni, leggevo l’antologia di francese sottobanco e incontrai autori come Lamartine, De Vigny, ma soprattutto Baudelaire e Rimbaud. Fu una folgorazione. Capii che nella vita avrei voluto essere un poeta, trovai così una via di senso, una vera possibilità. Il mio viaggio nell’arte iniziò così”

Il primo approccio è dunque nella pittura, il linguaggio più immediato e spontaneo che Deoro pratica senza filtri e con vibrazioni cromatiche libere soprattutto nelle tante azioni performative che puntellano il suo percorso, ultima in ordine cronologico il 17 novembre nella sua casa atelier dal titolo “La mirabile visione” dedicata alla Vita Nova di Dante Alighieri, con il poeta Simone Giorgino e la musica di Gianluca Milanese.

“Ut pictura poësis– chiosa la curatrice Maria Agostinacchio- per citare l’Epistula ad Pisones di Orazio, nota come Ars Poetica, in un connubio che è al contempo topos letterario ma anche teleologico: entrambi infatti, sia la poesia che la pittura, pur con mezzi diversi, trasmutano il racconto, il fatto, la materia per elevarlo a valore universale, veicolo di emozioni, passioni, dolori. La pittura di Orodè- continua Agostinacchio– lascia convivere tempere, cere, lacche, gesti. L’artista parte dall’osservazione diretta di un’immagine per poi procedere per sovrapposizioni materiche ed espressioniste, scevre da abbellimenti di maniera. Dalla bidimensionalità pittorica e grafica Orodè Deoro transita verso una bidimensionalità materica che si esprime attraverso il mosaico: una frammentazione scarnificante delle immagini operata con i mezzi classici della tecnica dell’opus sectile e del trencadìs di origine catalana”.

Dalla pittura Orodè passa al mosaico da autodidatta. “Nel mio mosaico ho fatto confluire il me poeta, il primo amore, e il me pittore, il secondo amore, senza alcuna dottrina delle scuole del mosaico, da autodidatta – spiega l’artista- Tutti i miei miti sono poeti, scrittori, pittori, scultori, musicisti, ma nessun mosaicista, a parte le suggestioni del mosaico della Cattedrale di Otranto e dell’opera di Gaudì. Sulle tracce del grande catalano ho vissuto a Barcellona nel 2006 e sognavo di fare qualcosa nella Sagrada Familia. Credo solo per una questione di ego spropositato, di vanità – ero giovane – non sono entrato nella grazia dello spirito di Gaudì e delle sue opere ma avevo già iniziato il mio percorso di mosaicista in quella che fu la mia “bottega rinascimentale”, Vincent City dove avevo già realizzato il ciclo dei mosaici permanenti tra il 2001 e il 2005”.

Ma la ricerca di Orodè Deoro lo porta anche verso il tutto tondo “Diventa scultore, esplora forme e linguaggi della tridimensionalità – descrive il curatore Andrea Novembre- aggiungendo spessore e curve alle sue visioni oniriche, suadenti sirene nella sua ricerca di un linguaggio espressivo che evolve lungo sentieri poco battuti, al riparo dalle ovvietà del Mainstream.”

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